di Milo Cavadini

Non senza i consueti pregiudizi dell’Occidente contro la Repubblica nordcoreana, il 13 luglio 2019 sono partito per un viaggio a Pyongyang. Appena atterrato, la prima cosa che ho potuto notare è stato il limitatissimo livello di traffico per le strade e la pulizia generale dei luoghi; situazione opposta a quella di Beijing, dove abbiamo fatto scalo e ci siamo fermati per una notte.

Posso dire di aver impiegato poco a realizzare che la maggior parte delle dicerie sulla piccola nazione asiatica erano fasulle, atte a delegittimare il governo di Pyongyang e creare un consenso globale contro la causa comunista. Il mondo scoperto sopra il 38° parallelo mi ha infatti dimostrato che un’alternativa al capitalismo può esistere, ciò mi ha convinto definitivamente dell’importanza di sostenere il sistema economico tanto criticato alle nostre latitudini.

Il programma di visite è stato molto intenso ma ben strutturato: si sono infatti alternate visite in ospedali, scuole, orfanotrofi, centri educativi e culturali per giovani, ecc. Abbiamo addirittura potuto svagarci nel centro acquatico, allo zoo, nella foresta. 

La sorpresa maggiore è però stata lo spettacolo nello stadio più grande di Corea (oltre 140’000 posti a sedere, in cui solo per l’organizzazione e le performance sono state coinvolte circa 70’000 persone, per lo più giovani). Altra esperienza indimenticabile è stata la cena di addio (o di arrivederci, dato che vorrei assolutamente tornarci in futuro) a bordo di un battello, sul quale abbiamo assistito ad un concerto emozionante e inaspettato.