Pensando che il Paese è sotto embargo e in perenne stato di mobilitazione perché da mezzo secolo gli Stati Uniti rifiutano di siglare un trattato di pace, il fatto che si riesca a garantire tutta una serie di diritti sociali gratis ai propri cittadini è qualcosa che fa riflettere.
Però credo che la cosa che più colpisce è l’unità nazionale e il senso di appartenenza: tutte le componenti della società sono organizzate per raggiungere, ciascuno a modo suo, un obiettivo considerato strategico per la collettività.
Certo se leggiamo la realtà nordcoreana con occhi europei, la venerazione per i leader è decisamente molto forte, quasi incomprensibile. Se ci sforziamo però di uscire da questa chiave di lettura vedremo che il rispetto delle gerarchie e questa forma di personalismo è comune ad altre culture asiatiche influenzate dal confucianesimo.
Il mausoleo di Kim Il Sung e di Kim Jong Il si trova all’interno di un parco verde, aperto al pubblico e frequentato nel tempo libero dalle famiglie: non mi sembravano costrette a passeggiarvici e sono anzi rimasto stupito dalla tranquillità delle persone e della totale assenza di frenesia e di stress. In generale non posso dire di aver visto un popolo terrorizzato.
Mi sono recato a Pyongyang principalmente per sondare concretamente le varie possibilità di cooperazione fra Corea e Svizzera. Per questo ho potuto incontrare delegazioni di numerosi ministeri e aziende. Per quanto la loro economia resti collettiva e pianificata ci hanno chiesto di sostenere i loro sforzi per costituire joint-ventures con imprenditori svizzeri. Anche sul piano culturale sono più aperti di quanto si immagini: abbiamo parlato di scambiare pellicole cinematografiche fra i festival dei rispettivi paesi, ma anche di valutare scambi di studenti e professori universitari.
Massimiliano Ay, politico